La liquidazione del danno morale o non patrimoniale deve avvenire in modo autonomo, non essendo ricompresa tale voce di danno nel calcolo del danno biologico. 

Una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione bacchetta la Corte d’appello per aver rigettato la domanda di danno morale avanzata dai soggetti danneggiati in un sinistro stradale, in cui erano rimasti coinvolti come terzi trasportati. Secondo la Corte d’appello tale domanda non poteva essere accolta per mancanza di una specifica prova di danno. 

 

Il supremo Consesso, invece, ritiene che il mancato riconoscimento del danno morale contrasti, così come evidenziato dai danneggiati in ricorso, con una giurisprudenza ormai consolidata che riconosce il danno morale quale componente del danno non patrimoniale. 

 

La sentenza d’appello, inoltre, omette qualsiasi richiamo agli artt. 138 e 139 del codice delle assicurazioni private che, recependo anche le ulteriori modifiche indotte dal nuovo orientamento giurisprudenziale, ritengono che debba essere incluso il calcolo del danno morale o non patrimoniale in quanto tale voce di danno non è mai ricompresa nel danno biologico e va liquidata autonomamente. 

 

Tale liquidazione, necessaria ed autonoma, è espressamente stabilita dall’art.5 lett. c del DPR n.37/2009 (ed ora dagli artt.138 e 139 del codice delle assicurazioni private) ed è dovuta in ragione della differenza ontologicamente esistente tra le voci di danno, corrispondendo tali danni a due momenti essenziali della sofferenza dell’individuo, il dolore interiore e la significativa alterazione della vita quotidiana. 

 

In forza, quindi, della piena autonomia del danno morale rispetto al danno biologico, il giudice d’appello avrebbe dovuto riconoscere la risarcibilità del danno, anche affidandosi a criteri presuntivi ed in riferimento a quanto ragionevolmente desumibile dai rapporti di convivenza e dalla gravità delle ricadute della condotta.

 

Avendo, invece, omesso qualsiasi riferimento al danno non patrimoniale la sentenza  d’appello, secondo i giudici della Suprema Corte, merita di essere annullata con rinvio alla Corte d’appello, in diversa composizione.