Risale a pochi giorni fa una interessantissima pronuncia della Corte di Cassazione (n. 19502/2023 del 10.07.2023) che “invita” la Corte di appello, in diversa composizione, a vagliare attentamente tanto la produzione documentale versata in atti tanto la fase istruttoria espletata.

Un padre, infatti, con un primo motivo di ricorso, aveva chiesto la revoca dell’assegno di mantenimento in favore del figlio producendo, solo in sede di precisazione delle conclusioni, un documento attestante lo svolgimento da parte dello stesso di un’attività lavorativa con contratto a tempo indeterminato. Ebbene il sopraggiungere di siffatta documentazione, nel corso del giudizio, assume ad avviso della Corte di Cassazione un rilievo decisivo, rappresentante la raggiunta autosufficienza economica e, come tale, deve essere esaminato dal giudice di appello, che lo aveva disatteso perché prodotto tardivamente, dal momento che la formazione del documento risulta successiva al deposito dell’atto introduttivo del giudizio e la stessa produzione appare necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo.

Ma è sulla richiesta di addebito della separazione formulata dal marito nei confronti della moglie che la Corte di Cassazione fornisce interessanti delucidazioni, invitando la Corte di appello a riesaminare puntualmente il caso. 

Se è indubbio, infatti, che la dichiarazione di addebito della separazione deve fondarsi sulla prova certa che la crisi coniugale sia collegata esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio dell’altro coniuge, è altrettanto indispensabile, per la Corte di Cassazione, che venga condotta una compiuta descrizione della vita coniugale, anche nella fase antecedente la rottura.

 

Ebbene, nel caso in esame, il marito sosteneva che la moglie avesse trascurato i doveri domestici a causa dell’adesione ad un nuovo credo religioso. La stessa, insomma, si era rifiutata di attendere alle faccende domestiche (cucinare, stirare, pulire la casa ecc), per dedicarsi alla partecipazione alle pratiche collettive del nuovo culto.

Il Supremo Consesso, nel sottolineare che l’adesione ad una nuova fede religiosa (garantita dall’art.19 Cost) non è di per sé motivo di addebito della separazione, evidenzia comunque come una confessione religiosa non può mai tradursi in comportamenti contrari ai doveri dei coniugi

 

Pertanto, il rifiuto di attendere alle faccende domestiche, gli atteggiamenti di indifferenza mostrati dalla moglie verso il marito, le continue denigrazioni e richieste di soldi richiedono un supplemento di indagine, ben potendo, se provati, legittimare la chiesta pronuncia di addebito della separazione ed il conseguente venir meno dell’assegno di mantenimento in favore della moglie.

 

Il nostro codice civile, infatti, senza alcuna distinzione di sesso, impone tanto al marito quanto alla moglie di prendersi cura della famiglia, tramite attività materiali e tramite attività fisiche e domestiche.